Le nuove indicazioni dell’ISS sulle vaccinazioni anti-COVID-19
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato il 13 marzo il rapporto ISS COVID-19 n. 4/2021 che contiene alcune risposte ai tanti quesiti che recentemente sono sorti in merito al programma vaccinale in corso nel nostro paese e nel mondo.
In questo documento si ribadisce il concetto che la vaccinazione è il metodo principale per combattere la diffusione della malattia anche alla luce della presenza delle “varianti” e della loro diffusione e comportamento biologico. Le varianti più note sono l’inglese (VOC 202012/01), la sudafricana (B 1.351) e la brasiliana (P1). L’ISS conferma che il metodo più efficace per combattere la loro diffusione continua ad essere l’applicazione delle attuali misure di prevenzione e protezione cioè l’uso della mascherina, il mantenimento della distanza interpersonale e l’igiene delle mani, aumentando però ulteriormente l’attenzione. Le varianti, infatti, sembrano generare una maggiore carica virale nelle vie aeree delle persone contagiate sebbene non sia ancora noto il tempo di sopravvivenza e pericolosità in aria. Gli esperti ribadiscono la necessità di mantenere come distanza minima necessaria quella di 1 metro sebbene sarebbe opportuno arrivare ai 2 metri in quelle situazioni in cui non si indossa la mascherina (es. consumo di bevande o cibo).
Per consentire di effettuare diagnosi precise rispetto alla diffusione delle varianti è importante poi che i tamponi molecolari abbiano capacità di riconoscere diverse parti del virus e non solo la famosa proteina spike.
Riguardo ai vaccini, il documento ricorda che attualmente sono utilizzati quelli prodotti da BioNtech/Pfizer, Moderna ed Astrazeneca. Il primo determina una copertura già dopo 7 giorni dal primo inoculo, il secondo dopo 14 giorni ed il terzo dopo 21. Tutti hanno bisogno di una seconda dose di richiamo e non assicurano una protezione del 100% anche considerando le attuali varianti.
In base a queste premesse quindi, anche le persone vaccinate devono mantenere le precauzioni generali previste e, qualora definite come contatti stretti di persona positiva, sono soggette a quarantena analogamente a quelle non vaccinate.
Nel documento è anche affrontato il caso dei “fallimenti vaccinali” ovvero dell’incapacità di alcune persone di sviluppare una risposta immunitaria di protezione dopo la vaccinazione. Su questa questione si deve infatti tener conto delle differenze tra gli individui, della mancanza di informazioni sulla “durata” della protezione, della possibile infezione nei giorni immediatamente seguenti la vaccinazione oppure della vaccinazione di persone SARS-CoV-2 attualmente positive (ovviamente senza saperlo).
In conclusione, la risposta alle domande: è sicuro vaccinarsi? E chi ha avuto il COVID-19 può (o deve) vaccinarsi? La risposta del documento è chiara. La vaccinazione anti COVID-19 è sicura e pertanto applicabile anche a persone che si sono ammalate o che sono state asintomatiche o paucisintomatiche. In particolare, in questi ultimi casi si può considerare di effettuare una sola dose nei soggetti con pregressa infezione purché sia effettuata dai 3 ai 6 mesi dalla infezione stessa (con l’esclusione dei casi fragili, per cui la vaccinazione deve essere effettuata il prima possibile). Infine, nel caso dei pazienti precedentemente trattati con anticorpi monoclonali si consiglia di attendere 3 mesi prima di inoculare il vaccino.