CANNE FUMARIE E LOCALI PUBBLICI: COSA DICE LA LEGGE?
La necessità di possedere una canna fumaria dedicata è considerato un requisito irrinunciabile per l’apertura di un locale con qualsiasi forma di cottura nella città di Roma. Infatti, in ambito S.C.I.A. (segnalazione certificata d’inizi attività), il Comune richiede l’ottemperanza all’Art. 64 del Regolamento locale di Igiene che riporta l’obbligo di convogliare entro canna fumaria i fumi prodotti dall’attività, mentre l’Art. 86 riporta per le attività di cottura (es. gastronomia calda) l’obbligo di avere locali dotati di “cappa e tirafumo”. La conseguenza di tale limitazione si ripercuote ovviamente sui prezzi di vendita e sugli affitti di quei locali che sono considerati idonei perché semplicemente dotati di canna fumaria. Negli ultimi tempi, complice anche il progresso tecnologico, si sono affermati dei sistemi di captazione e filtrazione dei fumi prodotti da attività di cottura che possono rappresentare una valida alternativa alla canna fumaria classica.
Analizziamone i principali pro e contro: tra i vantaggi sicuramente troviamo la facilità di installazione e la ridotta quantità di inquinanti rilasciata in atmosfera; tra i contro il (mediamente) elevato costo di gestione per la tenuta in efficienza degli apparati filtranti. Il “contro” però più importante è la normativa vigente. A Roma il succitato Regolamento d’Igiene è datato 1932 e quindi di fatto non prevede apparati tecnologici che possano sostituire la classica canna fumaria. C’è da dire che qualche tentativo di modificare la legge c’è stato. Ad esempio, la Regione Lazio con la Legge Regionale n. 21 del 29/11/2006 riporta la possibilità di utilizzo di sistemi alternativi alla canna fumaria per esercizi di somministrazione per la captazione ed espulsione dei fumi e dei vapori di cottura. Tale indicazione è stata poi riportata anche nel Regolamento d’Igiene Regionale (legge regionale n. 1 del 19/01/2009). Al netto di tutto ciò però, il Comune di Roma nulla ha fatto per recepire queste indicazioni pertanto ad oggi si rimane a quanto disposto nel 1932.
E’ vero anche che attualmente moltissimi locali romani sono di fatto dotati di sistemi alternativi (cappe a carboni attivi o a filtrazione ad acqua tanto per fare degli esempi) magari anche denunciati direttamente in ambito S.C.I.A.! In tal caso si aprono poi altri scenari: in caso di verifica della S.C.I.A. da parte dei Vigili Urbani l’assenza della canna fumaria determina il divieto alle lavorazioni con cottura nell’attività e ad una sanzione amministrativa. In caso di controllo da parte dell’ASL SIAN o Veterinaria la conseguenza è la segnalazione al Comune che poi interviene con i Vigili. I titolari delle attività irregolari reagiscono di fatto in due modi: alcuni cadono dalle nuvole in quanto (magari mal consigliati al momento della progettazione) non a conoscenza di tale limitazione ferrea e, invogliati da affitti più bassi o da locali posti in posizioni commerciali strategiche hanno adottato tali tecnologie. Altri, più smaliziati, tentano il colpaccio: proseguire il più possibile la produzione confidando in un futuro prossimo aggiornamento della legge o sapendo già di perseguire le vie legali per far valere le ragioni del progresso in caso di controllo!
I risultati sono di fatto svantaggiosi per entrambe le parti: da un lato il Comune entra in numerosissime ed aspre diatribe legali, dall’altro l’imprenditore si imbarca in ricorsi che lo portano fino al Consiglio di Stato con costi e tempi consistenti. Emblematico (e molto recente) è il caso di un imprenditore romano che si è visto chiudere dal Comune l’attività di cottura nella sua pizzeria gastronomia calda nel centro di Roma per presenza di cappa a carboni attivi e che ha affrontato tutto l’iter giudiziario fino al Consiglio di Stato che di fatto gli ha dato ragione (dopo un anno e mezzo dall’ordinanza cautelare!).
Per concludere sembra necessario chiarire che benché teoricamente sia possibile “esplorare” l’utilizzo di sistemi alternativi alla canna fumaria per le attività che effettuano cottura a Roma, al momento non è affatto consigliabile a meno che non si voglia rischiare di affrontare lunghe problematiche amministrative e legali con esiti ancora non del tutto certi.